Sui mutui e finanziamenti usurari non sono dovuti gli interessi
E’ arrivata la tanto attesa sentenza della Suprema Corte di Cassazione sulla dibattuta questione del calcolo corretto per definire usurario un mutuo.

Con l’Ordinanza del 4 ottobre 2017 di definisce che per la Cassazione l’usura del tasso di interessi moratori coinvolge anche gli interessi corrispettivi. E gli interessi si possono sommare.
Questa sentenza farà parlare molto – colpisce nel fianco le banche – quella emessail 4 ottobre 2017 dalla Cassazione [1]. Intervenendo su un tema molto dibattuto negli ultimi anni, quello dell’usura bancaria,
la Suprema Corte ha detto che, per accertare se sono usurari o meno gli interessi praticati sul mutuo dalla banca, è possibile cumulare gli interessi corrispettivi e quelli moratori e verificare poi se il risultato determina un superamento del tasso-soglia previsto dalla legge [2].
Se ad essere usurari sono solo gli interessi moratori previsti originariamente nel contratto, il correntista non è tenuto a corrispondere neanche quelli corrispettivi.
Facciamo un esempio.
Immaginiamo un correntista sempre in regola coi pagamenti delle rate del mutuo. La rata è ovviamente costituita da una parte di capitale e da una parte di interessi (cosiddetti «interessi corrispettivi»). Dopo un po’ di tempo si accorge che, nel contratto, è prevista una clausola che determina che, nel momento in cui non pagasse più una o più rate, gli verrebbero applicati tassi diversi da quelli concordati: gli interessi di mora, (anche detti «interessi moratori»).
Questi interessi moratori, sono penalizzanti rispetto ai tassi corrispettivi (quelli concordati); un consulente gli propone un’analisi e si evince che si tratta di interessi usurari.
- Così il correntista decide di ricorrere al Tribunale per farsi giustizia.
- La banca però si difende sostenendo che il correntista non ha mai pagato interessi moratori, visto che è sempre stato in regola con i pagamenti. Egli non può lamentare quindi alcun danno visto che ha corrisposto solo interessi corrispettivi, i quali invece sono al di sotto dell’usura.
- Il privato, invece, sostiene di essere stato raggirato e che solo il rischio di pagare un interesse usurario determina la nullità del contratto.
Chi dei due ha ragione?
In questo caso di esempio, la Corte di Cassazione dà ragione al mutuatario, ossia al debitore.
Difatti,
si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti in contratto, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori, indipendentemente dal momento del loro pagamento;
il legislatore, infatti, ha voluto sanzionare l’usura perché realizza una sproporzione oggettiva tra la prestazione del creditore e la controprestazione del debitore.
Come già la stessa Suprema Corte aveva detto in passato [3], in tema di contratto di mutuo, la legge [1] – che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari – «riguarda sia gli interessi corrispettivi che gli interessi moratori».
Secondo la Corte di Cassazione, quindi, l’usurarietà riguarda sia gli interessi moratori che corrispettivi.
Inoltre – e qui l’importanza della sentenza – si possono sommare gli interessi corrispettivi e quelli moratori al fine di verificare il superamento del tasso soglia dell’usura. Secondo invece l’interpretazione sposata in passato dalla stessa Suprema Corte la sommatoria rappresenterebbe «un tasso “creativo” mai concretamente applicabile al mutuatario».
Bankitalia esclude che gli interessi moratori siano da calcolare ai fini dell’usura.
note
[1] Cass. ord. n. 23192/17 del 4.10.2017.
[2] Art. 1 della legge 108/96.
[3] Cass. sent. n. 350/2013.
liberamente tratto da La Legge per tutti
Sentenza
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 13 luglio – 4 ottobre 2017, n. 23192
Presidente Scaldaferri – Relatore Ferro
Fatti di causa
Rilevato che:
1. Bancapulia s.p.a., che aveva domandato l’ammissione al passivo per un credito vantato in virtù di un contratto di mutuo fondiario del 3.8.2001, impugna il decreto Trib. Matera 19.5.2016, in R.G. 1667/2013, con cui è stata rigettata la sua opposizione allo stato passivo del fallimento (omissis) s.p.a.;
2. il tribunale, concordemente con quanto già affermato dal giudice delegato, ha ritenuto che la banca deve essere ammessa al passivo con riferimento alla sola sorte capitale, non potendo essere riconosciuti gli interessi moratori: come emerso dalla c.t.u., al momento della pattuizione il tasso degli interessi moratori era superiore al tasso soglia, vertendosi, così, in ipotesi di usura originaria (e non in quella di usura sopravvenuta come dedotto dalla banca) e, conseguentemente, ai sensi dell’art. 1815 c.c., la pattuizione del tasso di mora era considerata nulla e nessun interesse spettava;
3. con il ricorso si deduce in unico motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 1815 c.c. e della l. 108/1996, in quanto il tribunale ha erroneamente rilevato che, al fine del superamento del tasso soglia, si deve valutare l’eventuale usurarietà originaria del tasso di mora e posto che, nel caso di affermata nullità degli interessi usurari moratori, detta nullità non potrebbe colpire gli interessi corrispettivi i quali non superino il tasso soglia.
Ragioni della decisione
Considerato che:
1. l’art. 1815, co. 2, c.c. stabilisce che “se sono dovuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi” e ai sensi dell’art. 1 d.l. 29 dicembre 2000, n. 394, convertito in l. 28 febbraio 2001, n. 24, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento; il legislatore, infatti, ha voluto sanzionare l’usura perché realizza una sproporzione oggettiva tra la prestazione del creditore e la controprestazione del debitore;
2. il ricorso è manifestamente infondato; come ha già avuto modo di statuire la giurisprudenza di legittimità “è noto che in tema di contratto di mutuo, l’art. 1 della l. n. 108 del 1996, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che quelli moratori (Cass. 4 aprile 2003, n. 5324). Ha errato, allora, il tribunale nel ritenere in maniera apodittica che il tasso di soglia non fosse stato superato nella fattispecie concreta, solo perché non sarebbe consentito cumulare gli interessi corrispettivi a quelli moratori al fine di accertare il superamento del detto tasso” (Cass. ord. 5598/2017; con principio già affermato da Cass. 14899/2000).
Il ricorso è dunque infondato e va rigettato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, d.P.R. 115/02, come modificato dalla l. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del co. 1-bis dello stesso art. 13.